Tradizioni, usi e costumi

Tradizioni, usi e costumi

 

Tradizioni, usi e costumi

Le principali ricorrenze venivano festeggiate essenzialmente in casa ed in chiesa  in quanto religione e famiglia erano due concetti solidi, ben radicati nella vita dei Laiguegliesi, attorno ai quali ruotavano tradizioni ed usanze .(1*)

Durante la predica del 31 dicembre, il parroco era solito presentare alla comunità un rendiconto particolareggiato delle entrate e delle spese sostenute durante l’anno trascorso e il bilancio di previsione per l’anno nuovo. Alla messa solenne del primo Gennaio la chiesa era gremita di fedeli che volevano iniziare cristianamente l’anno nuovo. Sempre nei primi giorni dell’anno, arrivava a Laigueglia lo “straccivendolo”: le donne si affacciavano per calare i cestini con i panni lisi e gli stracci e si contrattava il prezzo, dopodiché “U Strassè” ripartiva per Voltri, dove gli stracci sarebbero stati trasformati in carta.

campanileLa maggior parte delle tradizioni religiose e laiche confluivano nelle due principali festività cristiane: Natale e Pasqua. Queste ricorrenze erano particolarmente sentite, poiché spesso, accanto alla solenne festa religiosa non mancava quella più intima trascorsa in famiglia, per festeggiare il ritorno di un navigante.
A mezzanotte del Martedì Grasso iniziava il periodo quaresimale e già alla prima messa i credenti si recavano in chiesa a ricevere le ceneri, la mattina presto. Qualche settimana prima di Pasqua vi era l’usanza di pulire a fondo la casa e le donne seminavano grano, lenticchie, miglio, nei piatti di servizio migliori su cui avevano sparso segatura o cotone imbevuti d’acqua. Durante la Settimana Santa i piatti di grano venivano portati in Chiesa e all’Oratorio di Santa Maria Maddalena per ornare il Sepolcro e la cassa del Cristo Morto. La Domenica di Passione si svolgeva (e si svolge tutt’ora) la processione “dei canestrelli”, dolci a forma rotonda con un foro al centro che stanno a simboleggiare il pane eucaristico consumato nelle antiche comunità cristiane. Il rito religioso avveniva all’alba, partendo dall’Oratorio di S. Maria Maddalena, mentre oggigiorno la processione ha luogo verso le otto di mattina e termina alla chiesetta della Concezione, dove si svolge la messa e vengono benedetti i canestrelli che alla fine vengono distribuiti ai confratelli ed ai benefattori. A Pasqua le campane cominciavano il concerto e suonavano ininterrottamente: le donne indossavano abiti nuovi e i marinai si vestivano da “festa” per l’occasione.

Un Paese Devoto


Il mese di maggio era dedicato a Maria, il culto era molto vivo e veniva esternato soprattutto durante questo periodo; le cappelle della Madonna delle Penne, del Carmine, dell’Immacolata Concezione e i tre altari della Chiesa Parrocchiale dedicati alla Vergine confermavano l’importanza della sua figura fra i marinai e all’interno del paese. Il mese successivo, il 23 giugno, si celebrava S. Giovanni con tre falò, tutti in riva al mare; quello principale era in punta al molo più grande del borgo fra le nove e le dieci di sera. Tutto il paese veniva a vedere bruciare il falò per scacciare via le streghe, e intanto si chiacchierava con un fiasco di vino. L’ultima grande ricorrenza religiosa dell’estate era dedicata a S. Matteo, patrono di Laigueglia, il 21 settembre. La chiesa veniva addobbata con drappi colorati che scendevano dal soffitto; messa solenne, funzioni religiose e processione si susseguivano sino a sera. In omaggio al patrono, i pescatori non andavano in mare e dopo la processione tutti rientravano nelle proprie case.
Natale, sotto il profilo folcloristico, era la festa più importante dell’anno. I preparativi cominciavano una settimana prima con la preparazione del pandolce “naessu” e con la raccolta del muschio, dell’erbetta e delle arance “purtegalli”. La preparazione del pandolce era laboriosa ed impegnava tutte le risorse della famiglia. Dopo una lunga lavorazione, l’impasto veniva lasciato lievitare avvolto in un tovagliolo di lana almeno per una giornata, vegliandolo anche di notte e, per mantenere costante la temperatura, si bruciavano i ceppi degli ulivi. Si preparavano anche i dolcetti tradizionali di pasta di mandorle che richiedevano un tempo di lavorazione abbastanza lungo; infatti, si dovevano sbucciare e tritare a mano le mandorle, impastare il tutto cucchiaiate di acqua di fiori d’arancio e dare all’impasto la forma di triglie, papere, dipingendoli con colori atossici naturali. Il presepio non era certo tralasciato, per farlo si usavano poche statuine vecchie e rotte che ogni anno si integravano con qualcuna di nuova, insieme al muschio e alle erbette. Verso le ventitré, dopo un giorno di digiuno penitenziale fatto osservare anche ai bambini, donne, uomini, ragazzi si recavano a messa che era l’occasione per vedere i naviganti tornati dopo mesi, a volte dopo anni di assenza. Il giorno dopo, nelle prime ore del pomeriggio, iniziava l’abbuffata natalizia, che si protraeva per diverse ore e spesso vedeva riuniti i componenti attorno alla tavola di famiglia.


Gusti, Passatempi e Leggende

Durante i mesi estivi ed autunnali vi era l’usanza di andare in collina per donne e bambini. Si coltivavano e si tenevano pulite le fasce, per lo più adibite a oliveto e si raccoglievano le olive. Ci si inoltrava nel sottobosco per cercare lumache a chiocciola, funghi, more carrube, fiori e nespole, dopodiché si scendeva con i cesti pieni.
Nei primi decenni del Novecento, su una popolazione di 1 100 persone, si annoveravano ben due-trecento gatti. In fondo a quasi tutte le porte ed i portoni era intagliato un buchetto, per rispettare l’indole indipendente dei felini. Il loro compito era molto importante giacché eliminavano numerosissimi roditori pericolosi e sporchi; i gatti più abili nella caccia ricevevano una doppia razione di pesce come premio. 

Semplici erano i Laiguegliesi anche nei gusti e nei passatempi; giocavano alle bocce e a carte, andavano a caccia con tutti i sistemi: vischio, reti, fucile; quasi sempre le lettere dopo aver dato notizie commerciali e familiari abbandonavano in quelle venatorie su quaglie, fringuelli, ortolani e tordi (Preve, 1983). Erano poi dei grandi consumatori di tabacco, da fiuto e soprattutto da pipa: le buone qualità provenienti dall’oriente facevano sempre gola ai capitani e marinai. Per concludere, a proposito di marinai, correva una strana leggenda a Laigueglia per cui, in tempi antichi, esistesse una zona di mare molto proficua nella pesca del corallo detta “Scoglio delle Vedove”, in quanto si racconta che un giorno di temporale morirono moltissimi marinai, lasciando vedove le proprie mogli. I superstiti giurarono dopo quell’avvenimento di non rivelare più a nessuno dove si trovasse quel posto e così fecero, nonostante lusinghe, minacce e corruzione.


Una sera però un marinaio ubriaco, persuaso dagli amici, rivelò, attraverso parole in dialetto, che lo scoglio si trovasse al largo, in linea retta fra l’isola Gallinara e Capo Mele: “A salutte de sto gotto, u cavu de fen per l’isorotto, e perché t’intendi ben, l’isorotto pè u cavu de fen” (Badarò, 1875: p 50). La leggenda non diceva se lo scoglio fu trovato ma aggiungeva che il marinaio morì per una cancrena al ginocchio, a seguito della violazione del patto.(2*)

 

(1*) La maggior parte delle informazioni riguardo alle tradizioni popolari sono state consultate sul volume della professoressa Marino A.C.,1991, I Dixevan…I Faxevan.

(2*) Badarò S. (a cura dell’Associazione vecchia Laigueglia), dalle memorie 1875, ristampa 2011, Memorie su Laigueglia – Per un povero derelitto vecchio dello stesso paese.